Storia di Cossoine

Storia del paese

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Descrizione

Cossoine sorge nel cuore di un altopiano, a circa 500 metri s.l.m., in un'area ricca di bellezze paesaggistiche ed archeologiche. È un piccolo borgo medioevale del Logudoro, nella parte nord-occidentale della Sardegna, caratterizzato da bellezze naturalistiche, testimonianze archeologiche e tradizioni secolari, come quella del canto a Tenore al femminile. Notevole la presenza dell'uomo anche in epoca successiva durante l'Età Nuragica, Romana e medioevale. Questi periodi sono rappresentati in maniera esemplare nel sito archeologico di Corruoe (tutt'ora in corso di scavo), dove in perfetta stratigrafie emergono i resti di un villaggio nuragico con nuraghe e di una villa romana riutilizzata anche in periodo altomediovele come testimoniano gli abbondanti resti ceramici rinvenuti durante gli scavi.

Si hanno tracce della presenza umana a partire dal Neolitico, ma le prime notizie documentate relative al paese risalgono all'XI secolo. Nel volume "Annales Camaldulenses" si fa riferimento alla chiesa di Santa Maria Iscalas e al villaggio vicino di Santa Maria di Curin da cui nacque la villa di "Consedin" o "Cossein".
Per alcuni studiosi l'orgine del toponimo deriva dalla parola logudorese "cossu" che significa conca o tino, per altri è invece ricollegato con il nome di persona "cossu" derivante da "corpus", originario della Corsica.
Durante il Medioevo il paese faceva parte della curatoria di Cabudabbas, nel giudicato del Logudoro; il borgo fu molto popolato fino all'inizio del XVI secolo fino a quando in seguito a diverse pestilenze vi fu un significativo calo demografico.

Recenti indagini archeologiche hanno dimostrato che il territorio di Cossoine era abitato fin dal neolitico, come testimoniano le numerose Domus de Ianas, ancora in ottimo stato; notevole la presenza dell'uomo anche in epoca successiva durante l'Età Nuragica, Romana e medioevale. Questi periodi sono rappresentati in maniera esemplare nel sito archeologico di Corruoe (tutt'ora in corso di scavo), dove in perfetta stratigrafie emergono i resti di un villaggio nuragico con nuraghe e di una villa romana riutilizzata anche in periodo altomediovele come testimoniano gli abbondanti resti ceramici rinvenuti durante gli scavi.
Tra le vestigia medioevali sicuramente la più importante e la più famosa è la chiesa bizantina di Santa Maria Iscalas, che risale presumibilmente al VI sec. d. C., durante il primo dominio bizantino in Sardegna. All'età romana è attribuibile la necropoli che si estende per un vasto raggio nell'area circostante la chiesa e in prossimità di un nuraghe, che sorge all'estremità dell'altopiano a ca 100 m dall' edificio di culto.
Le prime citazioni storiche risalgono tuttavia al XI secolo, come testimoniano gli Annales Camaldulenses, dove viene citata con il nome di santa Maria di Curin. Probabilmente in questo stesso periodo sorgeva intorno alla chiesetta un piccolo villaggio, la cui popolazione, insieme a quella di altri piccoli centri sparsi nel territorio, intorno al 1350 diede vita alla villa medioevale di "Consedin" o "Cossein", il toponimo è di origine incerta, anche se pare richiamare il sardo logudorese e campidanese cossu, nel significato di conca o tino per il bucato, oppure un nome di persona cossu che può dipendere da un corsus, originario della Corsica (nel 1388 gli abitanti di Cossoine erano 225, corrispondenti a 45 famiglie).
Tra i numerosi centri abitati che caratterizzarono il territorio durante il medioevo, (tra cui si ricordano santa Maria de Inu Nou, Teclata, Campuj, Androliga, Paule e Taccariu) merita particolare attenzione il villaggio di San Pietro di Alchennor, situato nella valle dell'omonimo fiume, affluente del Temo, nel quale sorgeva una abazia con relativo monastero, di proprietà dei monaci camaldolesi.
In questo sito in tempi molto brevi verrà effettuata una compagna di scavo per riportare alla luce i resti dell'abitato. Il paese di Cossoine in origine sorgeva presso la località di Santu Giolzi, dove si trovava l'antica e omonima parrocchiale attigua al rione oggi denominato Funtana. Nel 1480 la chiesa di San Giorgio di Cossoine ospitò addirittura un sinodo della diocesi di Sorres, presieduto dal suo vescovo,
che era Giacomo de Pojo (1461-1497). Per costante tradizione si racconta che il paese, assai più grosso e popoloso dell'attuale, venne quasi completamente distrutto da una pestilenza (sicuramente ci si riferisce a quella del 1527-28) e che da quel tempo Cossoine fu ridotto a un centro di scarsa importanza. I pochi sopravvissuti spostarono le loro abitazioni in direzione di Funtana e da lì via via salendo fino alla collina di Sa Serra. Approfittando dell'abbandono del pese e della sua chiesa, i pozzomaggioresi trafugarono la statua di san Giorgio, che ancora oggi si può ammirare nell'omonima chiesa del loro paese, allora da poco elevata. Secondo gli storici sassaresi, Fara e Vico, quella peste , entrata in Sardegna dall'Italia, maltrattò crudelmente le città di Sassari, Alghero, Castellaragonese (oggi Castelsardo), come pure le ville di Codrongianus, Banari, Mores, Ozieri, Bisarcio, Cossoine, e tanti altri paesi del Logudoro. Il contagio durò per molti mesi e cessò il giorno della commemorazione del martirio di san Sebastiano, il 20 gennaio del 1529.
Per ringraziamento gli abitanti di Cossoine eressero l'omonima chiesa, tutt'ora in uso; e non è da escludere che la tradizionale ardia in onore del santo, tradizione ancora viva e molto sentita dai cossoinesi, risalga proprio a questo periodo, infatti insieme a quella di San Costantino di Sedilo è una delle più antiche dell'isola ( nel 1589 la popolazione era di 932 abitanti, corrispondenti a 233 famiglie). Tralasciata e ubicata fuori del nuovo agglomerato, l'antica parrocchiale di San Giorgio doveva versare in pietose condizioni quando, nel 1704, trovandosi a Cossoine, l'arcivescovo turritano Sicardo ribadì l'obbligo e l'urgenza di restaurarla. L'Angius nel 1839 ne parla come di una chiesa di campagna " a pochi passi dalle case verso ponente, dove già soleansi seppellire i morti" cioè sino alla costruzione dell'attuale cimitero nel 1829 . Il 12 gennaio 1388 convennero a Monteleone Roccadoria i rappresentanti del Comune di Cossoine e di altri paesi del territorio dei Doria, per dare procura a chi li avrebbe rappresentati a Cagliari per la firma del trattato che avrebbe dovuto sancire la liberazione di Brancaleone Doria marito di Eleonora D'Arborea, Cossoine era rappresentato da Joanne Poddighe denominato appunto "Majore della villa de Cossein". Il paese fu del Giudicato di Torres ed appartenne alla curatoria di Cabu Abbas. Fu Sotto il domino dei Malaspina, dei Doria e poi cadde in potere degli Aragonesi, quando Nicolò Doria nel 1436 dovette soccombere per fame nella fortezza di Monteleone Roccadoria assediata dagli spagnoli. Il Primo feudatario fu Serafino di Montagnan, sassarese, che partecipò con gli spagnoli alla conquista della Rocca di Monteleone; questi con diploma del 20 luglio 1436, dato in Teano, comprò per 1300 ducati d'oro , da Alfonso V, la Baronia di Cossoine e Cabu Abbas la quale comprendeva anche le ville di Jafa (Giave), Torralba, Silaghe (Siligo), Sestem (Semestene), Banar, Bunanara, Boruta, Thiesi, Rebeccu e i villaggi scomparsi di Lachesos, Todorache , Terchido e Nieddu. Il 20 aprile 1505 ne fu investita la famiglia dei Castelvì, nel 1590 la casa Alagon, nel 1621 il marchese di Villasor. L'ultimo feudatario, investito il 30 aprile 1807, fu don Giuseppe de Silvia, di origine spagnola, che aveva i titoli di Marchese di Villasor, Conte di Monte Santo, Barone di Capu Abbas, Signore di Cossoine e Giave.

L'attuale parrocchia dedicata a Santa Chiara ha strutture romaniche e gotico-aragonesi, venne edificata nel XVI secolo e poi ampliata nel XVIII secolo come si evince da una targa in pietra infissa nella facciata posteriore. La chiesa conserva alcuni stemmi gentilizi. Uno scudo porta i pali di Aragona; un altro ripetuto anche in facciata, sostenuto da due angeli serafini presenta tre piccole montagne simbolo del casato di Serafino di Montagnan, primo feudatario di Cossoine. Tra le chiese si ricorda anche il piccolo oratorio di Santa Croce risalente al XVII.

Tra le vestigia medioevali sicuramente la più importante e la più famosa è la chiesa bizantina di Santa Maria Iscalas, che risale presumibilmente al VI sec. d. C., durante il primo dominio bizantino in Sardegna. All'età romana è attribuibile la necropoli che si estende per un vasto raggio nell'area circostante la chiesa e in prossimità di un nuraghe, che sorge all'estremità dell'altopiano a ca 100 m dall' edificio di culto.
Le prime citazioni storiche risalgono tuttavia al XI secolo, come testimoniano gli Annales Camaldulenses, dove viene citata con il nome di santa Maria di Curin. Probabilmente in questo stesso periodo sorgeva intorno alla chiesetta un piccolo villaggio, la cui popolazione, insieme a quella di altri piccoli centri sparsi nel territorio, intorno al 1350 diede vita alla villa medioevale di "Consedin" o "Cossein", il toponimo è di origine incerta, anche se pare richiamare il sardo logudorese e campidanese cossu, nel significato di conca o tino per il bucato, oppure un nome di persona cossu che può dipendere da un corsus, originario della Corsica (nel 1388 gli abitanti di Cossoine erano 225, corrispondenti a 45 famiglie).
Tra i numerosi centri abitati che caratterizzarono il territorio durante il medioevo, (tra cui si ricordano santa Maria de Inu Nou, Teclata, Campuj, Androliga, Paule e Taccariu) merita particolare attenzione il villaggio di San Pietro di Alchennor, situato nella valle dell'omonimo fiume, affluente del Temo, nel quale sorgeva una abazia con relativo monastero, di proprietà dei monaci camaldolesi.
In questo sito in tempi molto brevi verrà effettuata una compagna di scavo per riportare alla luce i resti dell'abitato. Il paese di Cossoine in origine sorgeva presso la località di Santu Giolzi, dove si trovava l'antica e omonima parrocchiale attigua al rione oggi denominato Funtana. Nel 1480 la chiesa di San Giorgio di Cossoine ospitò addirittura un sinodo della diocesi di Sorres, presieduto dal suo vescovo,
che era Giacomo de Pojo (1461-1497). Per costante tradizione si racconta che il paese, assai più grosso e popoloso dell'attuale, venne quasi completamente distrutto da una pestilenza (sicuramente ci si riferisce a quella del 1527-28) e che da quel tempo Cossoine fu ridotto a un centro di scarsa importanza. I pochi sopravvissuti spostarono le loro abitazioni in direzione di Funtana e da lì via via salendo fino alla collina di Sa Serra. Approfittando dell'abbandono del pese e della sua chiesa, i pozzomaggioresi trafugarono la statua di san Giorgio, che ancora oggi si può ammirare nell'omonima chiesa del loro paese, allora da poco elevata. Secondo gli storici sassaresi, Fara e Vico, quella peste , entrata in Sardegna dall'Italia, maltrattò crudelmente le città di Sassari, Alghero, Castellaragonese (oggi Castelsardo), come pure le ville di Codrongianus, Banari, Mores, Ozieri, Bisarcio, Cossoine, e tanti altri paesi del Logudoro. Il contagio durò per molti mesi e cessò il giorno della commemorazione del martirio di san Sebastiano, il 20 gennaio del 1529.
Per ringraziamento gli abitanti di Cossoine eressero l'omonima chiesa, tutt'ora in uso; e non è da escludere che la tradizionale ardia in onore del santo, tradizione ancora viva e molto sentita dai cossoinesi, risalga proprio a questo periodo, infatti insieme a quella di San Costantino di Sedilo è una delle più antiche dell'isola ( nel 1589 la popolazione era di 932 abitanti, corrispondenti a 233 famiglie). Tralasciata e ubicata fuori del nuovo agglomerato, l'antica parrocchiale di San Giorgio doveva versare in pietose condizioni quando, nel 1704, trovandosi a Cossoine, l'arcivescovo turritano Sicardo ribadì l'obbligo e l'urgenza di restaurarla. L'Angius nel 1839 ne parla come di una chiesa di campagna " a pochi passi dalle case verso ponente, dove già soleansi seppellire i morti" cioè sino alla costruzione dell'attuale cimitero nel 1829 . Il 12 gennaio 1388 convennero a Monteleone Roccadoria i rappresentanti del Comune di Cossoine e di altri paesi del territorio dei Doria, per dare procura a chi li avrebbe rappresentati a Cagliari per la firma del trattato che avrebbe dovuto sancire la liberazione di Brancaleone Doria marito di Eleonora D'Arborea, Cossoine era rappresentato da Joanne Poddighe denominato appunto "Majore della villa de Cossein". Il paese fu del Giudicato di Torres ed appartenne alla curatoria di Cabu Abbas. Fu Sotto il domino dei Malaspina, dei Doria e poi cadde in potere degli Aragonesi, quando Nicolò Doria nel 1436 dovette soccombere per fame nella fortezza di Monteleone Roccadoria assediata dagli spagnoli. Il Primo feudatario fu Serafino di Montagnan, sassarese, che partecipò con gli spagnoli alla conquista della Rocca di Monteleone; questi con diploma del 20 luglio 1436, dato in Teano, comprò per 1300 ducati d'oro , da Alfonso V, la Baronia di Cossoine e Cabu Abbas la quale comprendeva anche le ville di Jafa (Giave), Torralba, Silaghe (Siligo), Sestem (Semestene), Banar, Bunanara, Boruta, Thiesi, Rebeccu e i villaggi scomparsi di Lachesos, Todorache , Terchido e Nieddu. Il 20 aprile 1505 ne fu investita la famiglia dei Castelvì, nel 1590 la casa Alagon, nel 1621 il marchese di Villasor. L'ultimo feudatario, investito il 30 aprile 1807, fu don Giuseppe de Silvia, di origine spagnola, che aveva i titoli di Marchese di Villasor, Conte di Monte Santo, Barone di Capu Abbas, Signore di Cossoine e Giave.

L'attuale parrocchia dedicata a Santa Chiara ha strutture romaniche e gotico-aragonesi, venne edificata nel XVI secolo e poi ampliata nel XVIII secolo come si evince da una targa in pietra infissa nella facciata posteriore. La chiesa conserva alcuni stemmi gentilizi. Uno scudo porta i pali di Aragona; un altro ripetuto anche in facciata, sostenuto da due angeli serafini presenta tre piccole montagne simbolo del casato di Serafino di Montagnan, primo feudatario di Cossoine. Tra le chiese si ricorda anche il piccolo oratorio di Santa Croce risalente al XVII.

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Pagina aggiornata il 14/09/2024